Nei primi 45 anni del Novecento, da Zanardelli e Nitti fino a Mussolini, nel Sud della Basilicata, e, in particolare, nelle Comunità della Valle del Noce, il confronto politico non ha avuto la radicalità e la durezza riscontrabili nel Potentino, nel Melfese e nel Materano. L’Autore ne ricerca le cause, ripercorrendo, per appunti, i movimenti storici nazionali, cui hanno dato una impronta Zanardelli – che fece un viaggio nei circondari lucani – e Francesco Saverio Nitti, che – tra il discorso di Lauria e gli incontri politici ai massimi livelli, nella sua villa di Acquafredda di Maratea, con Giovanni Amendola, con emissari di Mussolini e Gabriele D’Annunzio-, tentò di prevenire la instaurazione della dittatura fascista.
L’autore, nel richiamare la emigrazione “modificatrice” del tessuto socio-economico, e la rappresentanza politica elitaria, ribadisce che al fallimento dello Stato liberale seguì il fascismo, durante il quale persistette la inadeguatezza normativa e sostanziale in vari settori – tra i quali la Sanità – cui, in Basilicata, si associavano ritardi culturali. La Chiesa, nonostante le sue contraddizioni, fu un sicuro riferimento, nei momenti critici, per la gente lucana. Risolutivo nella lotta antifascista fu il protagonismo del mondo contadino, che mancò nella Valle del Noce; ove, come in tutta la Basilicata, si manifestò la solidarietà per i confinati politici, che ebbero talvolta una funzione formatrice nella comunità ospitante.
Al crollo del fascismo, dopo gli eccidi di Rionero e Matera ed i bombardamenti aerei del settembre 1943 – che provocarono distruzioni, morti e feriti a Lauria e Potenza – cominciò la ricostruzione dello Stato democratico. Ed immediatamente si manifestò il trasformismo, che coinvolse sia i fascisti – non si poteva non dirsi fascisti – sia il Partito Comunista, che, alla ricerca di pacchetti di voti, non disdegnò di accogliere anche vecchi gerarchi nei suoi gruppi dirigenti.
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