La caduta del dittatore fascista Benito Mussolini, in seguito alle decisioni avvenute nella notte del 25 luglio del 1943, aveva generato in molti italiani l’illusione che anche il confitto dovesse terminare.
Al riguardo fu particolare quanto avvenne a Lauria nella notte in cui i gerarchi fascisti defenestrarono di fatto il Duce. Nel quartiere del rione Inferiore di Lauria si festeggiava, come usanza, il patrono San Giacomo. Una festa chiaramente in tono molto dimesso: gli stenti erano evidenti ed ogni famiglia della città stava dando il suo tributo ad una guerra incomprensibile ai più. Non vi era nucleo familiare che non avesse un giovane al Fronte e del quale si aspettavano notizie. Nella notte, dunque, sia in Via Cairoli ancora ricoperta di ghiaia che in Piazza Plebiscito, vi furono degli atti dimostrativi di alcuni antifascisti: furono sfregiate le insegne del regime e qualche vetro venne infranto nei pressi delle sedi del fascio. Nonostante però il repentino cambio del quadro politico italiano, continuarono i bombardamenti alleati.
Solo gli echi delle distruzioni arrivarono a Lauria, poche erano le radio funzionanti ed una certa prudenza sconsigliava di far uso dei primi mezzi di comunicazione. Qualche sinistro segnale fu però avvertito dalla popolazione. Dagli inizi di settembre su Lauria aumentò il volume di traffico aereo militare. I cieli della Valle del Noce erano un’aerovia importante per le strategie militari e, in quei primi giorni, la città venne solcata da moltitudini di aerei. Molti pensarono che quei velivoli fossero diretti a Napoli come quelli che passarono il giorno prima, il 6 settembre, sui quartieri della città. In particolare un aereo inglese, come riferito da alcuni testimoni, si abbassò di molto, quasi che l’equipaggio dentro la cabina di pilotaggio volesse individuare con precisione gli obiettivi da colpire.
Il 7 settembre, dall’Africa settentrionale, si levarono in volo decine di aerei che bombardarono Lauria. Tanti laurioti ancora viventi ricordano con terrore ed angoscia quella infausta giornata. Ben 39 furono le vittime. Radio Londra diramò una notizia sconvolgente: “Làuria rasa al suolo”.
La città era stata nuovamente colpita da una tragedia dopo i noti fatti del 1806. Seguirono giornate di caos indescrivibili. Ognuno cercò di salvarsi, si registrarono gravi atti di sciacallaggio soprattutto verso le attività commerciali. Tre personaggi, veri eroi, mantennero la barra dritta in quei momenti drammatici: il dottore Francesco Pisani, l’usciere comunale Manlio Cantisani ed il sacerdote don Antonio Spagnuolo. Quest’ultimo raccontò in un diario diventato famoso quelle terribili giornate.
“Sul mattino di martedì 7 settembre 1943 tutto era calmo né vi erano segni premonitori da cui si poteva prevedere la burrasca che si sarebbe scatenata. Il cielo era sereno. Verso le 9.10 rimbombano colpi da Sapri e i colpi della reazione contraerea. Alle 10.00 apparecchi in vista di Lauria. Dopo aver sganciato alcune bombe su Bivio Latronico, dopo circa mezzora quattro ondate si susseguono sul paese. Nelle prime tre ondate fanno cadere sulla cittadina una cinquantina di bombe. Grida, pianto, abbracci, invocazioni. Ho visto intorno a me cadere gente improvvisamente a terra. Poi oscurità completa. Aria asfissiante e vetri infranti insieme a case rase al suolo. Mi trovo in Piazza Plebiscito, corro a casa e trovo la mamma che non ha percepito tutta l’immane tragedia, si lamenta dei piatti caduti dal balcone su cui vi era la conserva ad essiccare al sole e tra fragori di pezzi di tegole che cadono e di colpi, inforna il pane invocando il Venerabile Lentini che le dia possibilità di terminare l’infornata. Il Venerabile Lentini veramente aiutò una ventina di persone richiamando sulla sua casetta le bombe che la distrussero anzichè poco più lontano che avrebbe fatto strage di gente”.
Su questo episodio molto si è scritto. In effetti quello che avvenne quella mattina nei pressi della casetta del Lentini ha del miracoloso. E’ una testimone (la signora Olga Zaccara) a descrivere, con precisione e ricchezza di particolari, lo svolgimento dei fatti così come accaddero.
“Noi abitavamo dirimpetto alla casetta del santo sacerdote. (l’attuale stabile della Fondazione Beato Domenico Lentini). La casetta del Lentini era molto rustica. Vi erano due scalette. In una parte della misera casa aveva trovato dimora una vecchietta indigente. Vi era poi una stanza dove si venerava molto il servo di Dio, nella quale erano conservate la maschera di cera, le sue pantofole, la sua poltrona. In questa stanza si diceva il rosario tutti i giorni. In quei minuti tragici io ero al piano superiore della casa, in procinto di scendere a Lauria Inferiore. Quando ho visto questi apparecchi, ho fatto in tempo a scendere giù, sollecitata da un urlo di mia madre, ai piani bassi. Nel frattempo, dal quartiere, tutti indicavano la casetta del servo di Dio come luogo sicuro dove potersi riparare. In pochi istanti si radunarono decine di persone. Fu chiamata a gran voce la signora Maddalena Perazzi , custode della casetta. Ella, con fare deciso, andò subito a prendere la chiave al posto abituale ma, con grande meraviglia, non la trovò. Dopo lo sbandamento derivato dalla impossibilità di trovarla, si decise di entrare tutti a casa nostra, nei capienti bassi… fu una fortuna: se fossimo andati nella casetta del Lentini saremmo morti tutti”. Molto significativa fu la testimonianza di Biagio Ferrari di Rivello, scrittore e letterato, all’epoca poco più che giovinetto. “Da Rivello si vedevano cadere le bombe, si sentivano spaventose esplosioni, seguite da alte fiammate; si vedeva tutta la parte centrale di Lauria avvolta dal fumo. Era spaventoso, era raccapricciante. Alcuni da Rivello cercavano di identificare i posti di Lauria colpiti dalle bombe. Qualche voce già presagiva la distruzione della Casa di Domenico Lentini”.
Ma ecco un altro passaggio significativo del diario di don Antonio. “Molti quartieri furono rasi a suolo, il teatro di Lauria fu distrutto. La disperazione era tanta. Io chiesi aiuto ad alcuni tedeschi e ricordo un ufficiale austriaco che mi confidò il suo dolore nel vedere tanta strage che gli faceva ricordare la sua patria che sosteneva una guerra non voluta: ‘Anche nella mia patria i bombardamenti hanno portato distruzione e morte. Hilf mich, hil mich !’
La prima notte si trascorre in una casupola di campagna su una piccola soffitta. In pochi metri quadri dovevano stare ben 35 persone.
Sono giunti i pompieri da Potenza. Sublime il pianto di uno non appena ha visto i corpi tranquilli delle sorelle Curzio dai quali si irradia un sorriso di cielo nella loro angelica beltà! In particolare il viso di Isabella volata in cielo appena quindicenne.
Il 9 settembre vi è l’accompagnamento delle salme della famiglia Curzio al Cimitero. Al ritorno rischio di essere sparato. Una pietra rotola giù dalla strada del Cimitero sulla Nazionale mentre passano dei tedeschi. Temendo un agguato la colonna si ferma e si mette in piedi di guerra. Faccio forza a tutto il mio coraggio e alle poche parole di tedesco per fermarli e spiegare loro l’accaduto. Altro bombardamento intorno a Lauria e paura della contraerea. Stato di emergenza.
Il signor Vincenzo Lampone della ditta Scoppetta dà il via alla svendita straordinaria del deposito alimentare. Faccio da cassiere: moltissimi sono i quintali di farina, pasta, riso, zucchero che si vendono, si pagano e non. Bello vedere l’ingegnere che trasporta sulle spalle ben ottanta chili di riso che sarà zucchero da Lauria al convento dei cappuccini e il sottoscritto che porta sulle sue spalle 27 chili di pasta per 35 persone. Assisto alla spoliazione delle armi dei Carabinieri da parte tedesca. Faccio appena in tempo ad avvertire un coraggioso vice brigadiere che vorrebbe fare resistenza e lo salvo da una scarica di rivoltella di un tedesco nascosto nel vano del gabinetto pubblico sito in Piazza Plebiscito”. (…)
La città, da quella giornata terribile, ricorda i suoi caduti con un cerimonia sempre molto seguita dalla cittadinanza. In occasione del 60° (2003) è stato ospite della manifestazione il senatore a vita Emilio Colombo, la Banda Militare della Nato. Per l’occasione è stato pubblicato un libro sugli eventi di quel tragico 1943.
Il ricordo nel 2013 a cura dell’Anpi
L’omaggio ai Caduti nel 2013